Pescara. Il sindacato degli infermieri italiani, Nursing Up, diffida l’Asl di Pescara in seguito alla morte, causata dal Coronavirus, dell’infermiere abruzzese Francesco Di Berardino.
“L’organizzazione sindacale Nursing Up, per tutelare l’infermiere Francesco Di Berardino, deceduto per aver contratto il Covid-19, e tutto il personale sanitario che in questi giorni si trova costretto ad affrontare una situazione di elevatissimo stress psicofisico, legata all’emergenza Coronavirus nei vari nosocomi della provincia di Pescara, inoltra formale diffida nei confronti della Asl 03 di Pescara, in seguito a una serie di errori nella organizzazione della gestione di procedure relative ai pazienti provenienti da reparti del presidio di Pescara verso il presidio di Popoli, al fine di fare chiarezza sui fatti accaduti”. Lo si legge nella lettera inviata dal sindacato alla procura della Repubblica, al prefetto e ai Nas di Pescara, firmata dalla referente regionale di Nursing Up, Patrizia Bianchi.
“Nell’ospedale civile di Pescara, le dimensioni stesse della struttura hanno consentito di realizzare specifici percorsi distinti e separati tra pazienti Covid e no-Covid. Al contrario, non è stato possibile realizzarlo negli altri nosocomi della Asl, come ad esempio in quello di Popoli, dove le carenze strutturali e logistiche dei reparti di degenza impediscono di realizzare percorsi distinti tra le due tipologie di pazienti” continua la lettera. “Infatti, esattamente nel momento in cui si è provveduto a trasferire una paziente dal presidio di Pescara su quello di Popoli per l’esecuzione di un intervento ortopedico, il percorso unico utilizzato dal P.O. di Popoli ha determinato un alto rischio infettivo tra gli operatori e pazienti stessi. La donna nel corso di altri esami clinici ed ematologici per essere sottoposta all’intervento risultava positiva al virus. La mancanza dei dispositivi individuali di protezione (quali mascherine con filtro FFP2 e FFP3 per il personale esposto con differenti modalità al rischio di contagio da Covid-19, camici protettivi monouso idrorepellenti, camici in TNT, scafandri, calzari lunghi, guanti, visiera, occhiali a ventosa, occhiali di protezione disinfettante idoneo per il lavaggio delle mani e in particolare degli ambienti ed al controllo delle infezioni ospedaliere) ha esposto tutto il personale sanitario ad una elevatissima esposizione al contagio”.
“Stando alle numerose segnalazioni ricevute dal personale sanitario e dal Di Berardino, dopo innumerevoli richieste dei Dpi e mascherine chirurgiche inesistenti, peraltro di dubbia efficacia, e non idonee nell’ambito assistenziale di pazienti Covid e/o sospetti Covid-19, il personale stesso si è dovuto operarle nel realizzarle da soli, continuando a esporsi al rischio infettivo. Rischio che ha portato a un numero elevato di contagi tra medici, pazienti e infermieri, molti di essi hanno manifestato subito i sintomi e messi in vigilanza sanitaria e in quarantena, a differenza dell’infermiere Francesco Di Berardino, a cui il contagio è stato letale. Risulta, inoltre, che sono rimaste inascoltate le innumerevoli richieste di chiusura del reparto di chirurgia per la sanificazione, reparto che ha proseguito nella normalità facendo arrivare altri pazienti per le normali attività elettive. Risulta gravissimo che tali inefficienze nella gestione abbiano determinato una contagiosità esponenziale, per numero di personale sanitario e pazienti complessivamente coinvolti, tali da non ritenere più procrastinabile operare i dovuti accertamenti del caso”.
“Non appare giustificabile, a 2 mesi di convivenza con la suddetta emergenza, non aver apportato idonei correttivi nella gestione, tale da ridurre al minimo il rischio al fine di evitare il decesso dell’infermiere” scrive il sindacato. “Inoltre, ci risulta che l’Asl avrebbe fornito adeguata formazione sull’uso dei suddetti Dpi (come ad esempio sulla vestizione e svestizione) solo al personale di reparti Covid, dimenticando che tutto il personale andava preparato a un’emergenza difficile proprio perché sconosciuta. Sembrerebbe che il personale che presta servizio presso il presidio ospedaliero di Popoli sia costretto a operare tuttora in condizioni che non rispettano gli standard di sicurezza previsti, il tutto con la conseguente possibile messa a rischio della salute degli operatori stessi e degli utenti, oltre al fatto che esistono operatori a cui non è stato eseguito nessun tampone. Tampone che nemmeno tutti gli operatori della Asl di Pescara hanno effettuato. Alla luce di tutto ciò, ci si pone la domanda; quanti ipotetici positivi ci sono?”
“Pertanto, si chiede di procedere agli accertamenti dei fatti fin qui riportati, onde arrivare alla definitiva risoluzione dei problemi segnalati, al fine di produrre gli indispensabili presupposti di salvaguardia della salubrità psicofisica dei singoli operatori e della collettività, nel rispetto dell’infermiere Francesco Di Berardino deceduto per aver contratto il virus senza gli idonei Dpi e continuando il suo operato con grande professionalità” conclude Nursing Up.