Pescara. Quando si tratta di Covid-19, i giovani nel mondo considerano ancora tv e radio come la principale fonte d’informazione.
A riverarlo in un’inchiesta è il giornalista Pier David Malloni.
Pur essendo ‘nativi digitali’, hanno ormai capito il rischio delle fake news, si sentono sopraffatti dalla massa delle informazioni disponibili ma sono convinti che i media e i governi ‘non dicano tutto’.
Il ritratto viene da una ricerca coordinata dall’università di Melbourne, dalle aziende specializzate Wunderman Thompson e Pollfish e dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), condotta sui 18-40enni, la cosiddetta ‘generazione Z’ e i ‘millennial’.
Nella survey sono stati intervistate 25mila persone in 24 paesi di tutto il mondo tra ottobre 2020 e gennaio 2021. Per la maggioranza relativa (il 43,6%, che in Italia sale al 48,6%) la principale fonte d’informazione sono i media tradizionali, seguiti dai motori di ricerca (36,2%), mentre gli ‘amici’ sui social media sono considerati una fonte importante solo dal 16,1%. Il 59,1% del campione è ‘molto consapevole’ del rischio di trovare fake news sui social, ma
preferisce ignorarle piuttosto che segnalarle.
La ricerca ha evidenziato una certa ‘stanchezza’ negli intervistati: il 58,3% si dice ‘sopraffatto’ dalle notizie e il 52% afferma di aver smesso di seguire le news sul Covid.
“I giovani hanno dovuto navigare nella proliferazione della disinformazione che ha accompagnato la pandemia –
commenta Sarah Hess, Technical Officer dell’Health Emergencies Program dell’Oms – che ha causato
confusione, ha minato la fiducia e minacciato la risposta di sanità pubblica”. Per quanto riguarda le fonti di
informazione considerate ‘molto affidabili’, in Italia i giovani indicano principalmente l’Oms, citata dal 46,8%
del campione, seguita dagli ‘esperti di scienza e salute’, con il 34,5%, mentre il governo, pur essendo terzo in
questa classifica, è giudicato molto affidabile solo dal 14,5% del campione. I primi risultati della ricerca sono
stati pubblicati sul sito https://covid19-infodemic.com, ma daranno vita a un vero e proprio report nelle
prossime settimane. “La ricerca ci ha dato molte informazioni su come la fiducia possa essere influenzata da chi
sta mandando il messaggio, così come da altri fattori – spiega Justin Peyton, uno degli autori -. Credo e spero
che il valore e l’ampiezza dello studio ci aiuti a trovare il modo migliore per connetterci, in un momento in cui
il mondo continua ad aver bisogno di fonti affidabili da partner come l’Oms”.