Pescara. “La Cina è vicina”, si intitolava un film del 1967. Oggi la presenza di occhi a mandorla in Italia si avverte ancora di più, a causa degli accordi che hanno sancito il placet per la nuova Via della Seta. Nello stivale tricolore il profumo d’oriente è nell’aria da decenni: mercatini-prezzemolini che spuntano in ogni angolo delle nostre città, vendendo vestiario ed oggettistica assemblati, così denunciano alcune tele-inchieste, con materiali tossici come gli ftalati, prodotti chimici aggiunti alla plastica per migliorarne la flessibilità e la modellabilità.
Esiste, però, un altro tristissimo volto del Paese giallo, venuto drammaticamente alla ribalta grazie a giornali, televisione e internet, con i vari tam-tam che corrono sui social network, diretti a denunciare energicamente la barbarie che si consuma, ogni anno, a Yulin, dal 21 giugno per tre giorni, in concomitanza con i festeggiamenti per il solstizio d’estate.
Più di 10mila gatti e cani, animali domestici per eccellenza, simbolo per antonomasia della fedeltà e della dedizione all’uomo, sono bolliti, bruciati vivi e mangiati: addirittura, vengono rubati anche quelli padronali. Questa mattanza ha scatenato le ire degli animalisti di tutto il mondo: flash mob vengono organizzati dalla LAV (Lega anti vivisezione) anche nel centro di Pescara. Sono tanti i personaggi celebri che hanno voluto accostare il loro volto alla battaglia contro questo incivile orrore che sporca di sangue abiti, mani e coscienze: da Rita Pavone a Michela Vittoria Brambilla, sempre in prima linea per difendere gli amici a quattro zampe, insieme a Walter Caporale, leader di Animalisti italiani Onlus, resosi protagonista, insieme a centinaia di attivisti, di un sit-in di protesta sotto l’ambasciata cinese a Roma, coronato dall’emblematico lancio di stracci intrisi di sangue. Si può fare la differenza anche con una firma virtuale su diversi siti che lanciano vibranti petizioni.
Il giovane Davide Acito, volontario dell’APA (Associazione protezione animali), si batte da anni contro tale indicibile olocausto e si reca personalmente in Cina per riscattare e salvare, insieme a tante altre persone di buona volontà, più animali possibili. Per questo, chiede supporto a tutti i suoi concittadini, che possono offrire il proprio contributo attraverso il sito www.actionprojectanimal.org.
La strenua opposizione al “Dog meat” serpeggia anche tra gli stessi cinesi che si sono ribellati alla mostruosa nefandezza, rischiando arresti, torture e multe, assistendo, spesso impotenti, al crudissimo scempio: migliaia di cani appesi ai ganci delle macellerie pronti per essere serviti sulle tavole.
Che fine ha fatto il senso di pietas di virgiliana memoria? Dove sono finiti il buonsenso e l’amore, sacrificati troppo spesso ai demoni dell’ingordigia e della crudeltà gratuita? Molti potrebbero obiettare che anche noi italiani abbiamo le nostre tradizioni culinarie: gli arrosticini in Abruzzo o l’agnello a Pasqua, per fare degli esempi. Giungere a divorare un essere senziente che popola le nostre case, che ci offre sostegno e aiuto in vari mestieri (cani-poliziotto che scovano chili di droga, cani-salvataggio in mare, cani-guida per ciechi, cani che semplicemente donano il loro affetto incondizionato) è inconcepibile e disumano. Essere vegetariani o vegani, dunque, diventa una scelta di vita, un’intima ribellione che grida in silenzio: “Io non ci sto”.