Pescara. Area metropolitana, sviluppo dei trasporti e delle infrastrutture, identità e vocazione della città. Sono le grandi tematiche che hanno attraversato la storia amministrativa di Pescara e rispetto alle quali, nella sala consiliare del Comune, si sono confrontati gli ultimi quattro sindaci, in occasione della presentazione del volume ‘Molto Mosso’, di Francesco Mancini e Giacomo D’Angelo, basato sugli appunti e i documenti dell’ex primo cittadino e parlamentare pescarese Antonio Mancini. “L’eredità ricevuta da una figura come quella di Mancini è una visione ampissima, che fin dal dopoguerra ha assegnato un futuro di primaria importanza regionale alla città ¬ ha detto Carlo Pace, primo cittadino di Pescara dal 1994 al 2003 ¬. In seguito, dagli Settanta e Ottanta in poi, quel processo evolutivo è rallentato, lasciando spazio ad una edificazione poco qualificata che ha lasciato grandi problemi alla città. All’inizio del mio mandati cercai di creare un allargamento di Pescara a Chieti e Montesilvano ¬ ha aggiunto Pace ¬ ma il campanilismo e i particolarismi impedirono quel processo”. In seguito arrivò l’era di Luciano D’Alfonso, ex sindaco e attuale presidente della Regione: “Una volta un sacerdote mi spiegò che l’87% dei pesaresi non è nato a Pescara ed è proprio questa la forza di una città capace di fare sentire chiunque a suo agio e appartenente a questo luogo”.
Sull’idea del progetto della Grande Pescara, che prevede l’ampliamento dei confini a Spoltore e Montesilvano, D’Alfonso esprime le sue perplessità. “Pescara ha le caratteristiche per essere modernissima ¬ rileva il governatore ¬ ma bisogna abbandonare l’idea che un maggior numero di abitanti regali qualcosa”. Dal 2009 al 2014 è stata la volta di Luigi Albore Mascia. “Pescara è una città che non ha un’unica vocazione ben delineata e le sue apparenti contraddizioni, come la non appartenenza dei suoi cittadini, sono una forza che genera opportunità e voglia di fare ¬ osserva Mascia ¬. Io ero contrario al progetto della Grande Pescara, ma ritengo che D’Alfonso, sulla base dell’esito del referendum, debba rispettare la volontà dei cittadini e dare attuazione a quel progetto”. L’ex primo cittadino rivela un rimpianto: “Ai tempi di Mancini c’era un confronto politico tra galantuomini, mentre ora la situazione è imbarbarita e sono state proprio delle beghe, non provocate solo dall’opposizione, a far naufragare il progetto per la realizzazione di un teatro, nell’area di risulta, durante il mio mandato”. Infine si arriva al presente, che ha il volto del sindaco Marco Alessandrini. “Le idee e la visione di Mancini mi fanno pensare a quel concetto di comunità in movimento teorizzato da Adriano Olivetti ¬ afferma il primo cittadino in carica ¬. Ci sono questioni, come quella dell’area di risulta, che sono diventate ormai generazionali. Sono ormai 30 anni ¬ conclude Alessandrini ¬ che ad esempio tentiamo di sistemare l’area di risulta e oggi è sempre più necessario forme di finanziamento pubblico¬privato”.