Pescara. Il Comitato familiari delle vittime di Rigopiano rinnova piena fiducia nella Procura, ma è preoccupato da una fase preliminare che “non marcia spedita, soprattutto da un clima” tra dubbi e sospetti “che rischia condizionare il processo, quando si aprirà”: c’è un’indagine in corso affidata alla Guardia di Finanza, ma indipendentemente dall’esito di archiviazione o di accertamento delle presunte responsabilità, i familiari delle vittime chiedono chiarezza.
“Chiarezza significa” sostiene il Comitato vittime “spiegare in modo trasparente e convincente le diverse anomalie del caso D’Angelo una volta per tutte. Il punto non è quello di sapere oggi se le ripetute telefonate inascoltate di Gabriele prima della valanga avrebbero potuto o meno cambiare il corso degli eventi. Sarà il processo a darci un risposta. Oggi però dobbiamo rispondere ad alcune domande. Perché le indagini sul caso D’Angelo che inizia subito a prendere forma dopo appena sette giorni dalla tragedia, svelano tutti i fatti che sappiamo solo nel novembre 2018, quasi due anni dopo la valanga? Perché le indagini poi culminate in un’inchiesta bis su un presunto depistaggio, iniziano solo all’indomani di un servizio giornalistico?”.
“Tutti gli indizi chiave” prosegue il Comitato in una nota “potevano essere sviluppati e approfonditi da subito rivelando ciò che è stato invece scoperto 21 mesi dopo come l’annotazione dell’agente Crosta e il lavoro dei carabinieri del Ris sul telefono di D’Angelo? Prima ancora di sapere se tutto questo delinea una quadro dì responsabilità soggettive, i familiari delle vittime hanno il diritto di sapere cosa è accaduto. Perché solo togliendo ogni dubbio si potrà allontanare dal processo il sospetto che i nemici della verità dei fatti, i presunti depistatori, possano aver beneficiato di complicità anche involontarie da parte di qualcuno che ha lavorato alle indagini.
La memoria delle 29 vittime di Rigopiano si onora innanzitutto con la verità di tutti i fatti accaduti e poi con le responsabilità che saranno riconosciute dalla sentenza di un processo libero da dubbi e sospetti. La Giustizia non può diventare la trentesima vittima di Rigopiano”.