Roma. “Solo una Chiesa libera è una Chiesa credibile”. Sembrano un’implicita risposta alle recenti polemiche e alle accuse di ‘ingerenza’ della Santa Sede in merito al Ddl Zan le parole pronunciate oggi da papa Francesco durante la messa nella Basilica vaticana nella festa dei Ss. Pietro e Paolo. “Come Pietro – spiega il Pontefice -, siamo chiamati a essere liberi dal senso della sconfitta dinanzi alla nostra pesca talvolta fallimentare; a essere liberi dalla paura che ci immobilizza e ci rende timorosi, chiudendoci nelle nostre sicurezze e togliendoci il coraggio della profezia”.
“Come Paolo – prosegue -, siamo chiamati a essere liberi dalle ipocrisie dell’esteriorità; a essere liberi dalla tentazione di imporci con la forza del mondo anziché con la debolezza che fa spazio a Dio; liberi da un’osservanza religiosa che ci rende rigidi e inflessibili; liberi dai legami ambigui col potere e dalla paura di essere incompresi e attaccati”.
Ripercorrendo nell’omelia la testimonianza dei due santi apostoli, Francesco ricorda che “Pietro e Paolo sono
liberi solo perché sono stati liberati”. Essi, sottolinea, “ci consegnano l’immagine di una Chiesa affidata alle
nostre mani, ma condotta dal Signore con fedeltà e tenerezza; di una Chiesa debole, ma forte della presenza di
Dio; di una Chiesa liberata che può offrire al mondo quella liberazione che da solo non può darsi: la liberazione
dal peccato, dalla morte, dalla rassegnazione, dal senso dell’ingiustizia, dalla perdita della speranza che
abbruttisce la vita delle donne e degli uomini del nostro tempo”. “Chiediamoci – aggiunge -: le nostre città, le
nostre società, il nostro mondo, quanto hanno bisogno di liberazione? Quante catene vanno spezzate e quante
porte sbarrate devono essere aperte!”. Nella Basilica, dove il Papa torna a celebrare all’Altare della Confessione
e con maggior afflusso di fedeli, oltre alla delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli (“un
prezioso segno di unità nel cammino di liberazione dalle distanze che scandalosamente dividono i credenti in
Cristo”, dice Bergoglio), vi sono 12 nuovi arcivescovi metropoliti che oggi ricevono il Pallio, segno dell’unione
col Pontefice: tra loro, gli italiani mons. Francesco Lomanto, arcivescovo di Siracusa, mons. Giuseppe
Satriano, arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, e mons. Fortunato
Morrone, arcivescovo di Reggio Calabria-Bova. All’Angelus, poi, il Pontefice ricorda tra gli applausi “un
anniversario che tocca il cuore di tutti noi: 70 anni fa, Papa Benedetto veniva ordinato sacerdote”. “A te,
Benedetto, caro padre e fratello, va il nostro affetto, la nostra gratitudine e la nostra vicinanza – dice -. Lui vive
nel monastero, un luogo voluto per ospitare le comunità contemplative qui in Vaticano, perché pregassero per la
Chiesa”. “Attualmente, è lui il contemplativo del Vaticano – osserva -, che spende la sua vita pregando per la
Chiesa e per la diocesi di Roma, della quale è vescovo emerito. Grazie, Benedetto, caro padre e fratello. Grazie
per la tua testimonianza credibile. Grazie per il tuo sguardo continuamente rivolto verso l’orizzonte di Dio:
grazie!”. E rivolgendosi “in modo speciale ai romani”, “nella festa dei nostri santi patroni”, Bergoglio scandisce
quello che potrebbe essere un programma per i futuri amministratori della Città. “Auguro ogni bene alla città di
Roma – afferma ancora tra gli applausi -: che, grazie all’impegno di tutti voi, di tutti i cittadini, sia vivibile e
accogliente, che nessuno sia escluso, che i bambini e gli anziani siano curati, che ci sia lavoro e che sia
dignitoso, che i poveri e gli ultimi siano al centro dei progetti politici e sociali”.