Farindola. C’è un limite ben preciso tra la spettacolarizzazione di una tragedia e la voglia di tributare un ricordo alle vittime della stessa. Spesso quel limite viene oltrepassato con incredibile superficialità e, a quel punto, non c’è modo di tornare indietro. Poco importa se le ferite di chi l’ha vissuta sono ancora fresche e il suo ricordo evoca scenari drammatici e lungi dall’essere metabolizzati. Quando si tratta di share, non c’è dolore che tenga. Ed ecco che il rispetto, l’empatia, la sensibilità verso i protagonisti di vicende che hanno commosso il mondo intero passano automaticamente in secondo piano. C’è, addirittura, chi ritiene che per tenere viva la memoria su determinati accadimenti sia necessario trasporli sul grande schermo. Come a volerne esorcizzare il dolore. Come fosse una medicina. O un rimedio. Ma non lo è. E se veramente l’intenzione fosse quella di omaggiare la memoria di chi non c’è più, allora, semplicemente, sarebbe sufficiente non invaderne il campo dell’intimità, restando terzi e imparziali. Ma, si sa, rispetto, sensibilità e silenzio non sempre vanno d’accordo col Dio denaro.
E’ notizia di questi giorni che l’emittente televisiva francese France 2 ha bloccato la messa in onda del film “Ce soir-là”, ambientato durante la notte del 13 novembre 2015, data consegnata alla storia per il massacro avvenuto all’interno del Bataclan di Parigi. In 45.000 hanno firmato una petizione online per impedirne la pubblicazione, ritenuta intempestiva e inopportuna. A lanciarla è stata Claire Peltier, il cui marito perse la vita quella notte. “Due anni dopo, il dolore è ancora immenso. Solo l’idea che si sia voluto realizzare un film ci sciocca. Vorrei silenzio e rispetto, non una storia d’amore inventata per alzare gli ascolti televisivi” – ha dichiarato. Come darle torto. In Abruzzo ne sappiamo qualcosa di speculazione mediatica. Il diciotto gennaio di un anno fa una valanga travolse l’hotel Rigopiano di Farindola causando ventinove vittime, tra adulti e bambini. L’intero paese rimase per giorni incollato ai notiziari in attesa che i soccorritori compissero il miracolo di salvare chi era rimasto intrappolato tra le macerie sotto metri di neve.
Quando le operazioni di soccorso cessarono, a causa dell’impossibilità di trovare sopravvissuti, i primi processi già si dibattevano tra le aule dei talk show televisivi e nei migliori bar del Bel Paese. Popolo di giudici, quello italiano. E, così, a poco più di un mese di distanza da quella valanga, tra chi ancora piangeva i propri cari e chi urlava alla giustizia, la casa di produzione Taodue annunciava di essere al lavoro per realizzarne una fiction. Tale decisione provocò la forte reazione degli italiani, indignati e scandalizzati da un’idea speculatrice e di pessimo gusto, e quella dei familiari di Stefano Feniello (una delle vittime) che, attraverso il proprio legale, si mobilitarono per impedirne la realizzazione (che, almeno per il momento, sembra essere scongiurata).
La tragedia di Rigopiano come quella del Bataclan, dunque, e di molte altre che, per mero interesse economico e televisivo, vengono sacrificate sull’altare della spettacolarizzazione mediatica. Se proprio si volesse rendere omaggio alle vittime di queste tragedie, non sarebbe più opportuno denunciare le falle in tema di prevenzione o le numerose deficienze burocratiche e amministrative che quotidianamente rischiano di scatenare vicende analoghe? Rispetto, per cortesia. E silenzio. Federico Falcone