Pescara. “Il prefetto mi ha detto che era una prassi d’ufficio, scaturita da un’assemblea dei dipendenti, quindi ha detto che ha dovuto farlo per forza. Ha detto anche che lui non si azzarderebbe mai a denunciarmi e che non ha scritto nulla contro di me. È solo una segnalazione”. Così Giampaolo Matrone, uno dei superstiti della tragedia di Rigopiano, ha riferito dopo il colloquio avuto questa mattina con il prefetto di Pescara Francesco Provolo che lo aveva segnalato alla Procura dopo il suo blitz, il 18 ottobre scorso, in
Prefettura, per incontrare l’impiegata che rispose alla prima telefonata di allarme, il 18 gennaio, dopo la valanga che travolse l’hotel di Farindola (Pescara). “Ho dato al prefetto, per salutarlo, la mano destra con il tutore e mi ha detto in napoletano ‘Con me non ci provare, dammi la mano buona’.
Ci sono rimasto un po’ male. Poi mi ha chiesto scusa. Però è come chiedermi oggi scusa per la morte di mia moglie e delle altre 28 vittime. Uno le accetta, ma da una parte mi entrano e dall’altra mi escono”. ha detto ancora Matrone appena uscito dalla Prefettura. All’incontro erano presenti anche il prefetto vicario Carlo Torlontano, il questore di Pescara Francesco Misiti, alcuni funzionari della Prefettura e una delegazione dei parenti delle vittime di Rigopiano (con Matrone anche Gianluca Tanda, Marco Foresta e Mario Tinari) che hanno voluto conoscere le verità del prefetto su quanto accaduto dopo l’allarme lanciato quel pomeriggio del 18 gennaio scorso.