Chieti. Per la nuova rubrica di PescaraLive e AbruzzoLive, dedicata ai sindaci dei capoluoghi abruzzesi, siamo partiti da Chieti, intervistando Umberto Di Primio. Una confessione a cuore aperto, che ha consentito al sindaco di togliersi anche qualche fastidioso sassolino dalle scarpe. Avvocato, eletto primo cittadino nell’aprile del 2010, compie proprio oggi 51 anni e, come redazione, ne approfittiamo per ringraziarlo ancora dell’intervista e per augurargli un buon compleanno. Sposato da due anni e papà della piccola Lucrezia Rachele, Umberto Di Primio è quasi alla fine dei suoi due mandati elettorali e, per l’occasione, abbiamo fatto con lui una lunga chiacchierata.
1) Quali sono i problemi della città di Chieti? Quali si risolveranno a stretto giro?
“Io distinguerei i problemi della città in due categorie, quelli che appartengono all’amministrazione, e quindi la difficoltà che oggi hanno i Comuni di gestire i servizi, e quelli attinenti all’erogazione dei servizi. Sono difficoltà che nascono dalla scarsezza di risorse per mancati trasferimenti da parte dello Stato, che nascono anche dai giri tortuosi per incassare i soldi che sono dovuti. Faccio un esempio su tutti: il Comune spende ogni anno quasi un milione di euro per il servizio mensa nelle scuole. Dovremmo incassare questa cifra ma ci rientrano soltanto 300/200mila euro. Quindi anche l’evasione e l’elusione dei tributi comunali sono sicuramente un problema, che si aggiunge ai mancati trasferimenti da parte dello Stato. E poi ci sono le questioni da affrontare nella città. Io credo che, più che di problemi, si debba parlare di vocazione e di progetti, perché non considero problemi le buche nelle strade, quelle sono cose da mettere a posto, la classica manutenzione ordinaria da fare con difficoltà perché non abbiamo risorse, ma sono cose da fare. Io invece guardo ai problemi come opportunità future: una città che deve essere più moderna, che deve essere aiutata per l’avvenire, attenta all’ambiente, che deve avere la capacità di leggere i cambiamenti che intorno ad essa si vanno realizzando e, quindi, diventarne interprete. In questo senso, le soluzioni a brevissimo che noi abbiamo sul piatto, da poter mettere a disposizione di Chieti, sono quelle relative ad una serie di opere infrastrutturali che cambieranno totalmente il sistema del trasporto massivo pubblico della città, sono interventi tutti mirati ad ottenere una qualità della vita alta. Non a caso, Chieti è tra le prime dieci città in Italia per progettazione in materia di interventi eco-sostenibili ed eco-compatibili. Ci sono interventi strutturali che agevoleranno anche la vivibilità e l’accessibilità al territorio: penso al raddoppio del parcheggio di via Gran Sasso, piuttosto che al totale rifacimento della scala mobile che collega quel parcheggio con il centro. A settimane, apriremo il tunnel di via Largo Barbella che collega il parcheggio. Quindi, diciamo che le infrastrutture che in questo periodo abbiamo progettato sono la prima risposta che arriva nel corso di quest’anno e dell’inizio del prossimo alle problematiche della città”.
2) Parliamo di incivili: è stato necessario ricorrere a fototrappole davanti al canile. Altre zone saranno sorvegliate?
“Gli incivili appartengono, purtroppo, alla categoria degli uomoni: ne abbiamo a bizzeffe, ci sono quelli che parcheggiano la macchina dovunque, impedendo magari a un disabile di passare sul marciapiede, ma anche semplicemente a un cittadino che volesse percorrere le nostre strade in sicurezza. Ci sono gli incivili che passeggiano con i propri cani, ma poi si guardano bene dal raccoglierne le deiezioni. Per non parlare di quelli che abbandonano i rifiuti in tutti i posti della città. Oggi abbiamo un dato relativo al problema dello smaltimento dell’immondizia: non è cambiato nulla rispetto a prima, è soltanto che la gente non si vuole adeguare, non si sta ancora adeguando al nuovo sistema di smaltimento, che prevede meno passaggi, maggiore differenziata, più regole da rispettare che servono ad avere una città più pulita, che aumenti la propria percentuale di differenziata e che quindi metta nelle condizioni l’Amministrazione di rivedere al ribasso le tariffe della Tari. Le fototrappole sono una delle cose che abbiamo dovuto prevedere proprio per combattere questa inciviltà diffusa che non appartiene solo ai chietini, ma evidentemente c’è anche una migrazione dell’incivile che proviene da fuori città. Le fototrappole ci servono soprattutto per iniziare ad individuarne alcuni, perché ogni volta che noi individuiamo un luogo dove sono stati smaltiti in modo non corretto rifiuti, siamo costretti a sopportare, a far sopportare alla collettività, un costo che è quello dello smaltimento del recupero della discarica abusiva”.
3) Come giudica la sua esperienza da sindaco?
“Più che giudicarla io, dovrebbero giudicarla gli altri, io dico quello che mi ha lasciato, quello che ‘ho preso’: è l’esperienza più bella che si possa fare in politica e, allo stesso tempo, dico che è anche quella che ti dà maggiori preoccupazioni, maggiori carichi di lavoro, che ti dà meno soddisfazioni sotto il profilo economico. Per esempio, rispetto ad un consigliere regionale di opposizione, che prende tre volte quello che prende un sindaco per gestire la città h24, con tutte le responsabilità che sono connesse a questa carica. È un’esperienza che dà tantissimo sotto il profilo umano. Perché ti fa toccare i problemi direttamente, con grande soddisfazione quando i problemi si riescono a risolvere. È anche contornata da una diffusa ingratitudine: la gente non si rende conto di quello che ogni giorno io faccio, come tutti gli altri sindaci italiani, non si rende conto del carico di lavoro che ci viene messo sulle spalle, a causa anche, a volte, di un’incapacità delle strutture di assolvere ai propri compiti, non si rende conto che chiedere su Facebook, ogni 3 secondi, che cosa faremo vuol dire sollecitare, oltremodo e innaturalmente, un’attività che è quella politico-amministrativa. Oggi abbiamo l’ingratitudine di chi non comprende quello che viene fatto ogni giorno. Questo non vuol dire autoassolversi dalle cose non fatte, anch’io evidentemente ho cose che devo rimproverarmi perché non fatte come volevo o come avremmo dovuto. La verità è che se si fa il bilanciamento di quello che io ho fatto nei 10 anni per la città e di quello che mi torna indietro, forse questo rapporto pende totalmente dalla parte dell’impegno che ho messo io, senza comunque avere un obbligo di risultato, ma le energie profuse in questa mia avventura da sindaco sono state totali e totalizzanti”.
4) Qual è il suo pensiero nei confronti della “politica migratoria”, quei famigerati “cambi di casacca” che scoraggiano i cittadini e li rendono allergici alla politica?
“La politica migratoria, come la definisce lei, è una politica che a me non piace: passare dal centro-destra al centro-sinistra è una vergogna. Io ho anche in maggioranza persone che hanno fatto i consiglieri regionali con il centro-sinistra e poi sono tornate nel centro-destra, che hanno fatto gli assessori con il centro-sinistra e poi con il centro-destra. C’è questa possibilità nel nostro Paese di essere un giorno di una parte e il giorno successivo dell’altra. L’8 settembre del ’45 erano tutti antifascisti, il 7 settembre, tutti fascisti. Però, al di là di questo, io credo che oggi appartenere ad una cultura politica di centro-destra o di centro-sinistra o grillina che dir si voglia sia un un atteggiamento, prima ancora che di carattere ideologico, di matrice morale. Se io sono di centro-destra, vivo i valori di centro-destra, non posso, per un incarico o un’elezione, passare dall’altra parte. In Parlamento, oggi, c’è il più grande degli esempi di ipocrisia collettiva che esista, l’accordo tra il PD e 5 stelle: lì nessuno ha cambiato partito, ma hanno cambiato tutti faccia, perché i grillini erano contro quelli del PD, il PD diceva peste e corna dei grillini e oggi sono seduti allo stesso tavolo. E non c’è bene del Paese che regga, c’è soltanto la grande voglia di conservarsi attaccata dietro una poltrona, anche molto ben remunerata. Quindi io penso che la migrazione sia assolutamente sbagliata. Cosa diversa, invece, in questo momento in cui i partiti non hanno più grande senso, pensare a qualcuno che si muova all’interno dello stesso contesto”.
5) Nella scorsa estate lei ha lasciato il partito di Forza Italia: cos’è che non le andava più bene?
“Fino a quando non ho aderito a Forza Italia nell’estate del 2017, io non ho mai cambiato partito. Nel senso che mi hanno cambiato i partiti coloro in cui io credevo. Ero iscritto all’MSI e me l’hanno trasformato in Alleanza Nazionale, ero iscritto ad AN e me l’hanno trasformata in PDL. Quando il PDL è stato di fatto sciolto, perché Berlusconi decise di rifondare Forza Italia, io non ero di Forza Italia quando fu costituito il PDL, quindi non ho lasciato nessuno, mi hanno tolto il PDL che era la mia casa e ho fatto una scelta diversa. Poi ho aderito a FI e ho chiuso anche quell’esperienza, perché, visto che me lo chiede, la classe dirigente di Forza Italia in Abruzzo è assolutamente leggera e non è stata capace di evitare che nella mia città ci fossero degli scontri da guerriglia urbana, fondati su interessi di parte, particolari e non sul bene comune e sulla generalità delle questioni da trattare. E allora quando vedo che un partito, nella sua classe dirigente, fa spallucce, non difende gli interessi comuni ma bada soltanto a creare le condizioni perché qualcuno possa fare un po’ il comodo proprio, io non mi sento più parte di quella comunità politica. In Forza Italia lascio tanta brava gente, di sicuro esistono personaggi straordinari, lo stesso Berlusconi ne è il primo degli esempi, ma non era più il luogo dove io potevo fare politica”.