Pescara. “Migranti, una questione strutturale della nostra civiltà” è il titolo della rassegna di dialoghi promossa dall’università degli studi ‘Gabriele d’Annunzio’, che andranno avanti da ottobre a marzo, con l’obiettivo di “entrare in dialogo con la società sui problemi del nostro tempo” e di “fornire ai giovani un’emozione che faccia crescere e osare la speranza”. Numerosi gli ospiti che parteciperanno alle iniziative.
Tra gli incontri più attesi c’è quello “Osa sapere: contro la paura e l’ignoranza”: il 13 novembre, nell’auditorium del rettorato, a Chieti, Carmine Catenacci dialogherà con Ivano Dionigi. C’è poi “Lettera a un razzista del terzo millennio”: monsignor Tommaso Valentinetti dialogherà con Luigi Ciotti; l’appuntamento è il 21 novembre al polo universitario di Pescara. Altro evento è quello “Migrazione e corridoi umanitari” in cui monsignor Bruno Forte dialogherà con Andrea Riccardi; appuntamento il 18 dicembre al rettorato di Chieti. Gli ambiti in cui è stata suddivisa la rassegna di dialoghi sono “Soccorrere”, “Conoscere”, “Accogliere”, “Incontrarsi”, cioè i verbi che caratterizzato i passaggi dell’accoglienza.
Punto di partenza alla base dell’iniziativa è anche “il ruolo che la cultura può avere” rispetto al concetto di accoglienza, “che va ponderata in ambito europeo”. A spiegare principi e finalità della rassegna è il prorettore alle relazioni culturali, Stefano Trinchese, il quale sottolinea il valore della scelta del dialogo, finalizzato a “creare un confronto e non a fornire una lezione calata
dall’alto”.
“La questione migranti” dice Trinchese “ha due caratteristiche. Una connessa alla storia dell’uomo civile e, in particolare, dell’occidente. Noi siamo figli dell’eterogeneità. Se si accetta la storia si capisce che migrare è un atteggiamento naturale dell’uomo. Il secondo aspetto è che si tratta di una questione strutturale del nostro tempo e non solo transitoria o storica. Se non consideriamo questo vuol dire non capire il nostro tempo e chiudersi in un angolo in cui certa politica ci vuole chiudere per non farci guardare avanti e per farci tornare indietro nell’illusione di conservare il presente”.