Bussi. “I 154.500 metri cubi di rifiuti, per uno spessore medio di più di quattro metri e mezzo, della sola discarica Tre Monti sono reali e costituiscono uno dei problemi più gravi di quest’area: pensate ai costi di una bonifica che in gran parte dovrà consistere nella rimozione della fonte di contaminazione! Non è vero che ho esagerato con il calcolo dei quasi 8 mila camion. Anzi, consultandomi con chi ne sa più di me, ho la certezza che sia una stima per difetto, perché i rifiuti seppelliti occupano meno spazio di quelli posti su un mezzo di trasporto”. Così l’avvocato dello stato Cristina Gerardis, che è anche direttore generale della Regione Abruzzo, nel suo intervento nel processo in Corte d’Assise d’Appello all’Aquila sulla cosiddetta mega discarica dei veleni di Bussi (Pescara) della Montedison, che ieri ha celebrato la penultima udienza. Nel confermare dati allarmanti e nel bacchettare le difese dei 19 imputati, alla sbarra per avvelenamento e disastro ambientale, che hanno espresso dubbi, la Gerardis ha fatto accenno al futuro della mega area inquinata, in particolare citando la problematica della bonifica, operazione per la quale a oggi si è completamente fermi. Questo alla luce del fatto che la gara pubblica di circa 50 milioni di euro bandita dal commissario governativo Adriano Goio, scomparso nello scorso marzo, da mesi attende l’apertura delle offerte economiche, e della latitanza dei privati, con i solleciti del ministero dell’Ambiente disattesi, che non hanno ancora presentato piani di caratterizzazione né programmato investimenti, che saranno ingenti, per interventi di bonifica. “È stato detto che ho esagerato nella stima del quantitativo dei rifiuti ha spiegato l’avvocato Forse ha colpito il numero dei camion. Colpisce, è vero. Ma non è una boutade mediatica, come si è detto per sminuirne la portata sostanziale. E io dico purtroppo non lo è. E dico pure che respingo la descrizione della linea difensiva erariale come ‘ad effetto’ per colpire e impressionare, in quanto, secondo chi la descrive così, priva di contenuti”.
In un passaggio la Gerardis ha difeso anche Goio. “Non è vero che il modello concettuale elaborato dalla struttura commissariale è stato disatteso dal ministero dell’Ambiente, come affermato inopinatamente da un difensore, evidentemente non bene informato ha contrattaccato Semplicemente, il decesso del commissario Goio ha ritardato la completa comunicazione e trasmissione alla competente direzione ministeriale di tutta la documentazione già formalmente assunta dal commissario, compresa la relazione sulla caratterizzazione della discarica Tre Monti”. Il processo riprenderà martedì prossimo con le ultime repliche: il 17 febbraio la sentenza. A questa fase del procedimento all’Aquila si è arrivati dopo il pronunciamento dello scorso marzo della Cassazione che ha convertito in appello tutti i ricorsi presentati “per saltum” alla Suprema Corte. In Corte d’Assise a Chieti, il 19 dicembre 2014, 19 imputati erano stati assolti dall’accusa di aver avvelenato le falde acquifere mentre il reato di disastro ambientale è stato derubricato in colposo e, quindi, prescritto. L’indagine della procura di Pescara sulla mega discarica dei veleni prese il via nel 2007 con la scoperta da parte del Corpo Forestale di circa 185 mila metri cubi di sostanze tossiche e pericolose in un’area di 4 ettari nei pressi del polo chimico di Bussi. L’esito della sentenza di primo grado ha provocato alcune inchieste giornalistiche che hanno prodotto indagini da parte della procura di Campobasso nei confronti del giudice Camillo Romandini, presidente del Collegio in Assise, per presunte pressioni sui giudici popolari. A seguito dell’indagine, il ministero della Giustizia ha aperto un procedimento disciplinare nei confronti del giudice, mentre la procura generale della Cassazione sta svolgendo le indagini del caso.