Pescara. “Aveva una grande capacità creativa. In alcuni momenti era tradizionale, in altri più moderno ed innovativo. Era un uomo di grande talento e in ogni occasione tirava fuori la sua personalità. Sarebbe riduttivo dargli un’etichetta: sapeva spaziare e aveva una straordinaria capacità di capire il teatro e viverlo”. Così Dacia Maraini ricorda con l’Ansa “l’amico” Luca Ronconi, a cinque anni dalla scomparsa del regista. Maraini sarà uno degli ospiti d’eccezione nel corso della presentazione del libro “L’utopia di Luca Ronconi” di Ida Bassignano, sua assistente regista, volume edito dalla casa editrice abruzzese Ianieri. L’appuntamento, cui parteciperanno anche Gianfranco Capitta, studioso di Ronconi, Elisabetta Pedrazzi e Marilù Prati, attori che con lui avevano lavorato, è per sabato, alle 18.30 a Roma, nell’ambito della fiera “Più libri più liberi”. L’iniziativa è organizzata in vista della ricorrenza dei cinque anni dalla morte di Ronconi, avvenuta nel febbraio 2015. Definendolo un “grande amico”, Maraini ricorda che “lavorativamente parlando il periodo più intenso fu quello di Prato”.
“Mi chiese di fare una ricerca sul linguaggio”, racconta, “erano gli anni ’70 e gli intellettuali si confrontavano con il popolo. Lui dirigeva questo insieme di ricerche e c’era un vero e proprio gruppo di lavoro. Ne venne fuori un’indagine sull’Italia contadina, popolare e industriale dell’epoca”. Poi, nel 1997, è la volta di “Memoria di una cameriera”, scritto proprio su richiesta di Ronconi, che debuttò al Teatro dei Riuniti di Umbertide, a Perugia. “Ricordo una scena fatta tutta di mobili, da cui uscivano i personaggi”, racconta Maraini , “poi c’erano delle maschere di gomma; era tutto molto surreale, molto espressionista. Sembravano dei volti e non delle maschere e ne veniva fuori un effetto molto bello”.
“Oggi il teatro sperimentale e dei giovani è fortemente tassato”, prosegue, “c’è una sorta di censura economica. E’ difficile fare un teatro povero e, al tempo spesso, professionale. Purtroppo c’è meno fiducia nella creatività dei giovani. Non sono solo i medici e gli ingegneri a fuggire dall’Italia, ma anche i teatranti. Non si investe sui giovani”. Lo dice all’ANSA Dacia Maraini, nell’ambito di una più ampia riflessione sulla figura di Luca Ronconi, a cinque anni dalla morte dello storico regista. “Noi non avevamo soldi”, dice Maraini, “ma si poteva fare volontariato, almeno non c’erano tutte quelle tasse, che oggi stroncano le gambe. C’era la libertà di fare teatro professionale senza tassazione”. Più in generale, la scrittrice, saggista e sceneggiatrice parla del cambiamento che ha investito il mondo culturale. “Il teatro e la cultura”, dice, “sono cambiati. Un tempo la comunità artistica era molto viva, vivace e unita e gli intellettuali si confrontavano con il popolo. L’idea del lavoro collettivo, l’idea di teatro immerso nell’ambiente ora non ci sono più, ognuno va per i fatti suoi, è tutto individualista. Una volta”, conclude, “c’era più spazio per la cultura intesa come grande progetto che riguardava l’antropologia”.