Cepagatti. Don Vito Cantò, parroco 43enne, è stato condannato dalla Chiesa per l’accusa di abusi sessuali su un ragazzo di 15 anni. Per tutta la vita non potrà più svolgere alcuna attività parrocchiale con i minorenni, mentre per tre anni sarà sospeso dal ministero sacerdotale: non potrà celebrare messa se non con un altro parroco accanto o senza fedeli davanti a sé, per i prossimi 5 anni è consegnato all’obbligo di dimora per una «vita di preghiera e di penitenza» all’interno di un monastero di Roma destinato ai «sacerdoti che si trovano in particolari difficoltà» e deve seguire «un percorso psicoterapeutico». Questa la condanna infertagli dal tribunale ecclesiastico che ha evitato la pena più alta prevista ovvero quella della dimissione, cioè la perdita dello stato clericale. Come riposta Il Centro la sentenza è arrivata al termine del processo canonico, iniziato nel 2013 quando alla curia di Pescara arrivarono voci di presunti abusi sessuali su un ragazzino da parte di don Vito che, all’epoca, guidava la parrocchia di San Camillo de Lellis a Villa Raspa di Spoltore. Nell’estate del 2013, con il processo canonico alle battute iniziali, fu l’arcivescovo Tommaso Valentinetti a sospendere don Vito «ad cautelam» ma senza informare le forze dell’ordine dei presunti abusi sessuali. Proprio in quel periodo il parroco lasciò misteriosamente e improvvisamente la parrocchia di Villa Raspa e si dimise dal suo ruolo di educatore negli scout dell’Agesci. Partì quindi il processo canonico che si è concluso con la sentenza dell’8 giugno scorso, un atto rimasto segreto per quasi un anno. Dopo l’inizio del processo canonico, i genitori del ragazzo si rivolsero alla squadra mobile rivelando che, tra il 2011 e il 2012, ci sarebbero stati incontri sessuali tra il prete e il minorenne nell’alloggio canonico di don Vito. Secondo gli atti dell’inchiesta, coordinata dal pm Salvatore Campochiaro, i rapporti sarebbero avvenuti senza costrizione fisica ma, a distanza di mesi, avrebbero provocato una crisi di identità sessuale al ragazzo e lui si sarebbe confidato con i genitori. Due processi paralleli, quello canonico, già chiuso con la sentenza di condanna della Chiesa, e quello penale che, dopo l’incidente probatorio in cui due periti hanno stabilito che il ragazzo è credibile, oggi celebrerà la seconda udienza preliminare. La prima udienza preliminare, davanti al giudice Gianluca Sarandrea, si è chiusa con la difesa di don Vito – il parroco è assistito dall’avvocato Giuliano Milia – chiusa in riflessione sull’opportunità di chiedere o meno il rito abbreviato. Una richiesta che potrebbe essere presentata oggi: in caso di abbreviato, don Vito salterebbe il processo pubblico e, in caso di condanna, avrebbe uno sconto di pena di un terzo. Il prete confessò gli abusi su minori all’arcivescovo di Pescara. I coetanei della vittima che ha denunciato il parroco raccontano: ci stordiva con l’alcol, faceva la doccia e ci invitava. Tornando al processo della Chiesa, la sentenza è rimasta nell’ombra ed è diventata nota solo adesso: l’avvocato della famiglia del ragazzo, Vincenzo Di Girolamo, ha voluto che la sentenza fosse inserita agli atti ritenendola un documento fondamentale.
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