Pescara. E’ stato convalidato dal gip del Tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, l’arresto di Maksym Chernysh, l’ucraino 26enne reo confesso dell’omicidio di domenica pomeriggio in via Tibullo. Il giudice ha disposto che l’ucraino, responsabile dell’uccisione di Arkadiusz Miksza, 23enne polacco, e di sua madre 54enne Krystina, rimanga in carcere in quanto è “più che concreto il pericolo che l’indagato, se rimesso in libertà, possa commettere altri gravi delitti della stessa specie di quello per cui procede o comunque connessi con l’uso della violenza”. Secondo il gip, inoltre, “tali considerazioni sono fondate sulla base dell’assoluta gravità intrinseca dei fatti compiuti e della ferocia mostrata dall’indagato, elementi che denotano l’assoluto disprezzo per la vita umana e dunque evidenziano il più che probabile pericolo di reiterazione di analoghe condotte anche per il futuro”. Il giudice ritiene inoltre che la misura della custodia cautelare in carcere sia l’unica adeguata in quanto “proporzionata allo spessore della condotta criminosa posta in essere dall’indagato ed all’entità della sanzione che si ritiene possa essergli irrogata”. Per il gip, poi, non sono attendibili le dichiarazioni rese dall’ucraino in merito “al comportamento assunto da Arkadiusz Miksza e che avrebbe scatenato la sua violenta reazione”, quindi “non vi sono fondate ragioni per inferire la ricorrenza nella specie della scriminante della legittima difesa, avuto peraltro riguardo alla inaudita violenza manifestata dall’indagato nei riguardi delle due vittime, non comprendendosi motivazioni che avrebbero mosso Arkadiusz Miksza a colpirlo con una mazza da baseball, visto il contesto di assoluta serenità esistente nel frangente tra i due, né per quale ragione Arkadiusz Miksza avrebbe dovuto aggredirlo, né infine perché le due vittime avrebbero dovuto previamente organizzare un’aggressione nei suoi riguardi”. “Va aggiunto – si legge ancora nel provvedimento del gip – che l’inattendibilità dell’indagato sul punto, impedisce anche di ipotizzare a suo carico l’aggravante dei futili motivi, visto che la ricostruzione della vicenda non consente di rilevare che la causale delle condotte da lui assunte fosse da ascrivere ad aspetti legati alla mancata riparazione del computer di Arkadiusz Miksza”.
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