Pescara. I sindaci della Majella contro il progetto di riqualificazione del parco turistico del Lavino voluto dalla provincia di Pescara. Si è svolta stamattina, nella sala consiliare Wojtyla, la conferenza stampa di opposizione alla variazione del progetto originario di riqualificazione del parco Lavino, organizzata dai sindaci dei comuni della Majella pescarese: Simone D’Alfonso di Lettomanoppello, Alessandro D’Ascanio di Roccamorice e Gabriele Di Pierdomenico di Abbateggio. Presenti anche i primi cittadini di Turrivalignani, Giovanni Placido, e di Sant’Eufemia a Maiella, Mario Crivelli. Assente giustificato il sindaco di San Valentino, Antonio D’Angelo.
I sindaci si oppongono alla variazione del progetto deciso dal presidente della provincia Antonio Zaffiri e dal vicepresidente della provincia nonché sindaco di Scafa, Maurizio Giancola, che mette ai margini i comuni di Lettomanoppello, Roccamorice, Abbateggio e San Valentino. Il progetto iniziale di riqualificazione prevedeva la trasformazione dell’area in un vero e proprio parco archeologico del bacino minerario della Majella, coinvolgendo i comuni che vedono sorgere sul proprio territorio le antiche miniere estrattive, ma il progetto è stato successivamente modificato.
“Con la modifica del progetto iniziale del parco Lavino si è sprecata una buona occasione per arrivare a una progettazione condivisa da tutte le amministrazioni per il potenziamento dell’attrattività turistica già riconosciuta ai territori di Roccamorice, Abbateggio, Lettomanoppello, San Valentino e del parco Lavino di Scafa” afferma Simone D’Alfonso, sindaco di Lettomanoppello. “Si è ritenuto più strategico investire risorse sul recupero e la valorizzazione di una infrastruttura posta a valle (ciclovia in territorio di Scafa) già esistente, ma non attrattiva – come dimostra il pessimo stato manutentivo in cui versa e il cui ripristino assorbe ingenti risorse economiche – che andare a valorizzare un patrimonio storico ed ambientale, posto a monte, dimostratosi molto attrattivo in questi anni, al punto tale da porre seri problemi per la salvaguardia della pubblica incolumità, da dover richiedere una limitazione ai numerosissimi accessi da parte dei sindaci”.
“Ma la cosa più grave” continua D’Alfonso “è che le due realtà, quella a valle, di nuovo impianto, e quella a monte, già frequentata, non saranno collegate tra di loro, continuando a costituire un’offerta turistica “alternativa”, nel senso che chi sceglierà l’una dovrà farlo a scapito dell’altra. Non si sa, ad oggi, se il modello di nuovo impianto auspicato da questo progetto (treno e ciclovia) sarà in grado di partire e, se partirà, lo farà con i numeri di presenze sperati e chi sarà il soggetto che gestirà l’infrastruttura e ne curerà la manutenzione, evitando il ripetersi del deperimento già registrato a carico della pista esistente, oggi oggetto di recupero. Avremmo auspicato che l’intervento fosse veramente calato nel territorio per accrescerne l’attrattività, partendo proprio dalle realtà già esistenti, rispetto a quelle che non ci sono, andando a vantaggio di tutto il territorio, e non di una sola parte, che mettesse in collegamento i luoghi d’interesse e non che ne escludesse alcuni a vantaggio di altri. Abbiamo, pertanto, il ragionevole dubbio che questo investimento non produca, per il territorio, gli effetti che si prefiggeva”.
“Questo progetto della valorizzazione del parco minerario doveva coinvolgere non solo Scafa ma anche i nostri comuni, invece la maggior parte di risorse sono finite su Scafa” dichiara Gabriele Di Pierdomenico, sindaco di Abbateggio. “Così si è venuto a creare un disequilibrio delle somme per i diversi territori, poiché nel progetto solo briciole vanno alle nostre municipalità per la riapertura di alcuni sentieri, ma ci vorrebbe anche messa in sicurezza dei siti minerari da visitare, altrimenti non avrebbe senso. Pertanto, c’è bisogno di una maggiore attenzione per la messa in sicurezza dei luoghi da visitare per rendere il masterplan un occasione di valorizzazione turistica dei siti di archeologia industriale”.
Il sindaco di Roccamorice, Alessandro D’Ascanio, punta il dito sulla “miopia strategica, l’errata utilizzazione dei fondi e la scarsità delle risorse destinate alla messa in sicurezza dei sentieri da parte della provincia di Pescara”. “Il progetto relativo al parco didattico del Lavino” spiega “intervento finanziato dalla passata giunta regionale di centrosinistra per 3,5 milioni di euro (all’interno del Masterplan) emerge finalmente dagli uffici della provincia di Pescara subito denotando, tuttavia, evidenti elementi di debolezza e di miopia strategica che prefigurano un utilizzo non ottimale delle risorse. Sono almeno quattro i profili di criticità: lo squilibrio nella distribuzione interna delle risorse con una concentrazione unilaterale verso la costruzione di una ciclovia e il risanamento parziale del fiume Lavino, a detrimento del recupero degli elementi di archeologia industriale nell’area degli opifici e delle miniere (autentico elemento di originale caratterizzazione identitaria dell’area); l’eccessiva concentrazione di fondi per la realizzazione di interventi di natura ambientale, che avrebbero dovuto viceversa essere realizzati per il tramite di risorse espressamente deputate alla difesa del suolo, liberando in tal modo fondi per la valorizzazione turistica di altri elementi caratterizzanti (edifici storici, aree industriali esterne, aree prospicienti le miniere, costruzione di apparati didascalici e didattici per una fruizione culturale ed “esperienziale” del sito); la mancata previsione di risorse e modalità organizzative deputate alla gestione del sito (si pensi solo alla cura della pista ciclabile in terra battuta) e dubbi circa la natura patrimoniale dello stesso, con conseguente incertezza circa l’ente pubblico competente per i profili di gestione, successiva valorizzazione e sicurezza; la mortificante riduzione delle risorse destinate all’area delle miniere, con la previsione di un recupero superficiale dei sentieri (circa il 3% dei fondi) che non potrà risolvere il tema della sicurezza dei medesimi, senza valorizzazione alcuna dei reperti minerari di varia natura presenti in loco e senza alcuna connessione con le altre risorse turistiche presenti nell’area della Majella, caratterizzata da flussi di presenza già molto elevati”.
“In definitiva” conclude D’Ascanio “si palesa come evidente un’impostazione inadeguata dell’intervento, questo dal punto di vista dell’indirizzo amministrativo, con la mera realizzazione di un asse di penetrazione parziale, a rischio di cattiva manutenzione, che condurrà a luoghi non valorizzati, con un utilizzo non ottimale di un fondo concepito per lo sviluppo turistico di un’intera area territoriale”.