Pescara. Primi otto mesi del 2014 col segno pesantemente negativo per il terziario in Abruzzo. Secondo i dati diffusi oggi dall’Osservatorio Confesercenti, fra gennaio ed agosto la crisi del commercio e del turismo si è manifestata con un drastico calo delle nuove aperture, fenomeno che pure aveva caratterizzato il 2013 e parte del 2014, con il risultato conseguente di un saldo fra iscrizioni e chiusure che torna pesantemente negativo per tutti i settori. Fra gennaio ed agosto hanno chiuso in Abruzzo 800 negozi al dettaglio contro 368 aperture, per un saldo negativo di 432 attività. Paga un prezzo alto il settore abbigliamento e calzature, che chiude i primi otto mesi dell’anno con un saldo di -104 negozi, ma sono negativi tutti gli indicatori: – 47 agenti di commercio, – 4 negozi di carni, -7 ortofrutta, -6 rivenditori di sigarette elettroniche, -5 edicole, -4 distributori di carburanti. Ma la vera novità di questo rilevamento è il crollo delle nuove aperture in un settore vitale fino a pochi mesi fa, ovvero la ristorazione. Il saldo fra aperture e chiusure è negativo in tutto l’Abruzzo: -99 ristoranti, -97 bar, -20 strutture ricettive. Uniche note positive le attività online, che registrano +11 attività, e gli ambulanti con +51. Fra i pochissimi segnali in controtendenza c’è infine il tasso di sopravvivenza delle startup: in Abruzzo sta resistendo il 61,9 per cento delle imprese aperte nel 2010, contro una media nazionale contro una media nazionale leggermente inferiore (59,9 per cento) e contro un risultato più contenuto registrato nelle vicine Marche (59,3 per cento). Il dato si rafforza analizzando le imprese nate nel 2011, con il 69,1 per cento delle nuove aziende abruzzesi ancora in funzione contro la media italiana del 68 per cento ed il 61,3 per cento delle Marche. «I numeri dicono senza appello che non c’è alcuna inversione di tendenza fra le imprese – sottolinea Enzo Giammarino, direttore regionale della Confesercenti – e che la crisi morde in maniera drammatica. Per mesi abbiamo assistito ad un boom di nuove aperture soprattutto nei settori bar e ristorazione, dove molti giovani si rifugiavano per la mancanza di lavoro. Oggi questo fenomeno sembra arginato, anche se i numeri dicono che le startup in Abruzzo sono più solide che altrove. Questa situazione deve far riflettere in maniera strutturale le istituzioni: il principale costo delle imprese è oggi lo Stato, che attraverso le sue articolazioni mangia il 60 per cento del lavoro di un imprenditore. La cura dimagrante deve coinvolgere la Regione e gli enti locali attraverso una sostanziosa riduzione del numero di dirigenti, primari e direttori generali e attraverso un poderoso snellimento della burocrazia con i costi che si porta dietro. La Regione deve pensare ad un’azione straordinaria di sostegno al credito alle imprese, specie alla luce delle ultime notizie provenienti dal mondo bancario locale. Ma soprattutto – sottolinea Giammarino – in attesa di rigenerare una domanda interna senza più fiato, bisogna investire nei nuovi mercati, scegliendo finalmente il turismo come nuova attrattiva di investimenti, connettere le reti d’impresa, assumere decisioni: si parta da una conferenza regionale sul turismo con ruolo operativo, si lanci un’azione forte a sostegno dei prodotti di punta come la neve, che non può essere promossa solo sotto data, si ripensi una versione aggiornata della legge 77 del 2000 che agevola gli investimenti nel settore da parte degli operatori. Solo così, con azioni decise e senza perdere altri mesi preziosi, si potrà ridare alle attività economiche locali l’opportunità di sperare».
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