“Attualmente in Italia circa un milione e quattrocentomila cittadini non hanno un proprio medico di famiglia”: è la denuncia del presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo), Filippo Anelli che parla di “desertificazione del territorio” anche nelle grandi città come Milano e Firenze e una situazione “in peggioramento”.
Per Anelli “sono ad oggi 1213, spalmati su otto Regioni, gli ambiti territoriali carenti per l’assistenza primaria, rimasti vacanti a seguito delle assegnazioni ai medici in graduatoria. L’elenco è pubblicato sul sito della Sisac, e via via aggiornato”.
Sono esattamente 456 in Veneto; 239 in Toscana; 205 in Emilia-Romagna; 98 nelle Marche; 91 in Abruzzo; 59 in Friuli-Venezia Giulia; 55 in Umbria; 10 in Valle D’Aosta.
“A queste sedi vacanti vanno aggiunte le 786 andate a concorso a giugno in Lombardia e non ancora assegnate – aggiunge Anelli – e quelle di quasi tutte le altre Regioni. Si tratta di sedi sguarnite del medico di famiglia, per cui si riaprono le procedure di assegnazione, al fine di favorire anche la partecipazione dei medici inseriti nelle graduatorie di altre regioni. E se anche questo tentativo fallisse, l’ultima chance: aprire ai medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale.
È quello che accade in Liguria”. “Da qui al 2027, andranno in pensione circa 35.200 professionisti – continua il presidente Fnomceo – e probabilmente non ci saranno abbastanza nuovi medici di medicina generale pronti a sostituirli. Questa situazione, che la Fnomceo insieme ai Sindacati denuncia da più di un decennio, si è creata per una
programmazione miope delle regioni – constata Anelli -. Che, nel tempo, hanno richiesto un numero di borse di
molto inferiore al reale fabbisogno e che, anche oggi, procedono con inerzia nel pubblicare le carenze sulle
quali costruire il bando di quest’anno. Bando che, infatti, non è stato ancora pubblicato, con conseguente
slittamento di tutto il percorso di formazione”.
“Ora, però, stiamo passando dall’inerzia e dall’incapacità strategica a un vero e proprio disegno, teso a desertificare il territorio dai medici di medicina generale, per renderlo appetibile al privato: ai grandi gruppi, che trovano remunerativo investire in poliambulatori, farmacie, service di telemedicina, startup – aggiunge Anelli – e la sanità, così, si trasforma in business”.
“Si potrebbe cominciare dalla Lombardia, dove la carenza è più marcata e dove gli amministratori locali sembrano propendere per un medico di medicina generale ‘amministrato’, prestatore d’opera, che abbia il solo compito di compilare ricette – prosegue il presidente Fnomceo – è questo il grido d’allarme lanciato ieri dal segretario regionale Fimmg, Paola Pedrini, che ha definito ‘una follia’ la proposta di alcuni politici di trasformare in dipendenti i medici di
famiglia, oggi convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale. Una scelta di questo tipo, ha affermato,
determinerebbe un collasso di un sistema già in difficoltà e che richiede, invece, interventi seri di sostegno”.
“Fiducia, autonomia professionale, libera scelta, prossimità, dedizione diventano vocaboli desueti, che mal si
attagliano al business – conclude Anelli – e, in questa logica, poco importa se la scienza dimostri, con solide
evidenze, che è proprio quel rapporto continuativo, fondato sulla fiducia e sulla libera scelta, ad allungare la
vita ai cittadini, come dimostra un recente studio pubblicato su Bmj open. Come Ordini dei medici, garanti del
diritto dei cittadini alla tutela della salute, non possiamo stare a guardare. Il nostro Servizio sanitario nazionale
deve rimanere universale, gratuito, pubblico, solidale”.