Pescara. Libertà vigilata per i prossimi dieci anni, con una serie di prescrizioni, tra le quali quella di presentarsi per due volte a settimana presso un centro di salute mentale condanna ad un anno di reclusione, con pena sospesa, per falso in concorso, e assoluzione dall’accusa di omicidio, in quanto non punibile, perché giudicato incapace di intendere e di volere all’epoca dei fatti. E’ la sentenza emessa oggi pomeriggio a Pescara dal Gup Nicola Colantonio, a carico di Massimo Maravalle, il tecnico informatico, affetto da disturbo psicotico atipico, che la notte tra il 17 e il 18 luglio del 2014 soffocò nel sonno il figlio adottivo di 5 anni, Maxim, all’interno del suo appartamento a Pescara. Era stato lo stesso pm Andrea Papalia a chiedere l’assoluzione dal reato di omicidio in quanto, sulla base delle perizie dello psichiatra Renato Ariatti, il piccolo Maxim fu soffocato dal padre che in quel momento era “in preda ad un delirio letale, paranoide e persecutorio”. L’accusa di falso è in concorso con la moglie e in relazione ai colloqui sostenuti nell’ambito delle procedure per adottare il piccolo in cui, per l’accusa, l’imputato omise di riferire e fornire notizie sui suoi disturbi e sulla sua patologia psichiatrica. Il gup ha fissato per il prossimo 24 marzo l’udienza di verifica periodica in merito alla pericolosità sociale di Maravalle. Il tecnico informatico, già dal 28 settembre scorso, è sottoposto al regime della libertà vigilata, concesso dal gip in sostituzione della detenzione nella casa di cura e custodia annessa all’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa (Caserta), dove era stato ricoverato a partire dal dicembre del 2014. Oggi vive con la moglie, a Pescara, nella casa dove è avvenuto l’omicidio.
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