Pescara. Questo virus ha una letalità crescente con il crescere dell’età dei pazienti, e restando a livelli quasi trascurabili (fonte Iss) al di sotto dei 50 anni. La fascia 40-49 esprime una letalità dello 0,1%, più o meno come l’influenza stagionale, dello 0,05% in quella 30-39 anni e quasi scompare (0,01%) al di sotto di questa età.
Inizialmente con pochi vaccini disponibili non era opportuno fare questa considerazione, ma ora, con dosi inoculate,
E allora cosa stiamo facendo?
La strategia vaccinale da adottare, secondo i dati oggettivi, è molto chiara: a parte la messa in sicurezza di sanitari, Forze dell’ordine e soggetti fragili indipendentemente dall’età (immunodepressi, autoimmuni, cardiopatici, oncologici, diabetici, disabili), che va fatta subito, l’ordine delle vaccinazioni deve basarsi su un solo criterio: l’età. Scopriamo invece che accade tutt’altro.
A tre mesi dall’inizio della campagna vaccinale si fanno infatti i primi bilanci riguardanti le fasce d’età vaccinate ed emergono le differenze tra le Regioni. Frutto di una mancata organizzazione coordinata a livello nazionale e che ha lasciato finora libertà alle Regioni di scegliere protocolli di vaccinazione differenziati.
L’Abruzzo nella fascia 70-79 e per le persone fragili è agli ultimi posti in Italia con il 2.8% che hanno ricevuto la prima dose e l’1.3% la seconda. Peggio in questa fascia di anziani stanno facendo solo Basilicata (1.8%), Puglia (1.7%) e Umbria (2.0%).
A rilento rispetto alla media delle altre regioni italiane anche la vaccinazione nelle fasce fragili e con esenzione, che dovevano essere fatte insieme agli ultra 80enni. In Abruzzo è stata avviata soltanto la vaccinazione per disabili e a domicilio.
L’Abruzzo va meglio invece nelle vaccinazione per le persone più giovani. Le altre fasce meno a rischio sono state vaccinate di più rispetto alla fascia 70-79.
I 20enni sono a quota 6.4%, quelli tra 30-39 sono all’8.8%, 40-49 addirittura al 10.4% e i 50enni al 12.7%. Questa situazione potrebbe essere dovuta al fatto che queste persone giovani e in età lavorativa sono tutti sanitari o poliziotti. Ma non è così perché in Abruzzo si parla di quasi 30mila dosi inoculate a una non precisata categoria “altro” oppure “non sanitario”. Sarebbe interessante sapere chi ne fa parte.