Farindola. Si riaccendono i riflettori sul disastro dell’Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), costato la vita a 29 persone, in seguito alla valanga che ha travolto l’albergo il 18 gennaio scorso. Davanti al tribunale di Pescara, si sono radunati superstiti e familiari delle vittime, per chiedere “risposte” e “giustizia”. I presenti hanno indossato magliette bianche con le scritte “29 angeli” e “Hotel Rigopiano”. Inoltre hanno esposto quadretti con le foto dei loro cari e diversi striscioni, tra i quali uno che recitava: “I nostri angeli meritano giustizia. Noi la chiediamo per loro”. Gianluca Tanda, del “Comitato vittime di Rigopiano”, ha spiegato che “sarà impossibile fare pace con le istituzioni, perché sappiamo tutti che non è stata colpa della natura, ma di errori umani, a partire da quello della funzionaria che ignorò i primi sos, per arrivare a quelli di chi governa questa Regione e questo Paese”.
La giornata di mobilitazione si era aperta già in mattinata, proprio con il drammatico incontro tra la funzionaria della prefettura che la sera del disastro ignorò le prime richieste d’aiuto e il superstite Giampaolo Matrone, che insieme ad altri familiari delle vittime è riuscito ad individuare e incontrare la donna in prefettura. “Le ho fatto vedere in che condizioni è la mia mano e le ho detto che mi ha rovinato la vita, visto che mia figlia non ha più la mamma”, ha raccontato Matrone, spiegando che poi la donna è fuggita piangendo e urlando “non è colpa mia”. Matrone si è detto “contento, perché per la prima volta ho visto uno dei responsabili versare qualche lacrima”.
Più tardi, all’interno della Procura di Pescara, si è tenuto l’incontro, durato circa 40 minuti, tra gli avvocati dei familiari delle vittime e i magistrati che indagano sul caso, il procuratore capo Massimiliano Serpi e il sostituto Andrea Papalia, per fare il punto sullo stato delle indagini. Serpi ha spiegato ai legali che potrebbero esserci altri indagati e che l’indagine dovrebbe essere chiusa entro gennaio. Prima, però, i magistrati dovranno completare la lettura di 1.200 pagine di consulenza tecnica depositate pochi giorni addietro. Al momento gli unici indagati, con le accuse di omicidio e lesioni colpose e rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, sono il sindaco Ilario Lacchetta, il tecnico comunale Enrico Colangeli, il presidente della Provincia Antonio Di Marco, il gestore dell’albergo Bruno Di Tommaso, il dirigente della Provincia Paolo D’Incecco e il funzionario Mauro Di Blasio.